In Uruguay si scommete per la pace

Il
Centro “Nueva Vida” di CO.DE.SO (Comunione per lo sviluppo sociale, dei Focolari), in
convengo con INAU, da 15 anni porta avanti un’importante azione sociale di sostegno ai più giovani e alle loro famiglie, in un quartiere della periferia di Montevideo. A colloquio con Luis Mayobre, direttore del Centro.

“Le storie e atti d’amore sono così tanti e così belli che si potrebbe scrivere un libro! I giovani sono il motore di Nueva Vida, un’azione sociale che ci impegna sempre di più, che ci interpella, che ci stimola a non perdere di vista ciò che è importante: che l’amore reciproco sia la legge del nostro Centro”. Esordisce Luis Mayobre, presidente del Centro quasi sin dagli inizi, nel 2004, quando l’arcivescovo di Montevideo chiese ai Focolari di assumere un’opera sociale cominciata da una religiosa in un quartiere di periferia della capitale uruguaiana. Così nacque il “Centro Nueva Vida”, un nome che indicava già gli obiettivi sin dai primi passi: aprire alla speranza di una “nuova vita”, più degna, per coloro che sarebbero stati coinvolti con il Centro.

“Il 2018 è stato segnato da un clima di violenza nel ‘barrio Borro’ – racconta Mayobre –. Sono stati mesi di angoscia, con il rischio anche della vita a causa dello scontro tra due famiglie di narcotrafficanti rivali. La gente, insieme agli educatori e al personale di Nueva Vida, hanno affrontato con coraggio e decisione le continue sparatorie durante la giornata e nella notte la situazione che si aggravava. Abbiamo dovuto raddoppiare la nostra presenza perché le famiglie ce lo chiedevano; tanti di loro sono stati saccheggiati e le loro precarie abitazioni occupate dai narcotrafficanti”.

Come vi siete mossi in un clima così ostile?

“Insieme al parroco, abbiamo chiesto un’intervista al Ministro dell’Interno, per cercare delle soluzioni. Ma siccome le risposte non arrivavano, abbiamo dovuto accogliere e proteggere alcune famiglie che, poi, abbiamo derivato ai servizi dello Stato che ha dato loro delle nuove abitazioni. Ma non a tutte, quindi abbiamo cercato altre vie per riuscire ad accogliere le famiglie minacciate. Una di queste, di cui due loro figli partecipano al ‘Centro Giovanile’, sono state minacciate a morte e dallo Stato non arrivavano risposte. Allora la coordinatrice del Centro e il suo team si sono messi in campagna per trovare una nuova abitazione per loro. Dopo alcuni mesi sono riusciti a convincere una delle figlie, in discordia con la famiglia, che li cedesse una parte del suo terreno. E così il team di NV, insieme alla famiglia, hanno costruito la nuova casetta, degna e più sicura. Un’altra esperienza forte è stata la risoluzione di un caso di violenza famigliare, registrato dal nostro team, che ha portato all’intervento delle autorità per salvaguardare la vita dei bambini e della loro madre. Nonostante le minacce e insulti ricevuti, siamo andati avanti lo stesso, permettendo una situazione migliore per quella famiglia”.

Chi si rivolge al Centro e che servizi offrite?

“Portiamo avanti tre progetti: il CAIF, Club Bambini e Centro Giovanile. Ci siamo proposti, in questo clima di violenza, di essere costruttori di pace, di speranza e, soprattutto, di gioia, per vincere l’odio, la paura e la violenza. E come ogni crisi, è stata piena di nuove opportunità, di crescita e di alleanze profonde. Una cura speciale è stata rivolta ai bambini del CAIF, i più piccoli e i più vulnerabili alle tensioni vissute. Siamo riusciti a generare l’ambiente propizio perché 48 bambini (2 e 3 anni) e 60 piccolissimi (0 a 2) con le loro madri, potessero realizzare i vari workshop con normalità. Abbiamo fatto anche passeggiate didattiche per creare spazi di bellezza, armonia  e di pace. Un’esperienza positiva alla quale hanno partecipato integranti delle due famiglie rivali, mantenendo dei buoni rapporti.

Nel Club Bambini ci prendiamo cura di 62 bambine e bambini in età scolastica (6 a 11 anni). Siamo impegnati a continuare la lotta contro la diserzione della scuola e la ripetizione di corso. Recentemente abbiamo raggiunto cifre inferiori al 5% del totale, molto distanti del 36% dell’inizio, nel 2004. Abbiamo incentivato i workshop di arte, musica, ricreazione, per sensibilizzare i bambini a sviluppare i valori culturali di convivenza, di amore per l’altro, e per acquisire la ‘cultura del dare’. Abbiamo eliminato la violenza come modo di rapportarsi. Anche le lezioni di nuoto e le passeggiate favoriscono gli abiti di igiene e la cura corporale che portiamo avanti.

Nel Centro Giovanile accogliamo 52 giovani (12 a 18 anni). Quest’anno circa il 95% del totale partecipano al di fuori degli orari scolastici, una meta che ci siamo proposti sin dall’inizio. Tra di loro, 6 sono già nei livelli superiori del liceo, un grande successo dato che nel quartiere la media non supera i primi anni. Inoltre, sosteniamo dei workshop complementari alla loro formazione: di tessuti, falegnameria e comunicazione, portati avanti in modo volontario da membri del Movimento”.

Il Centro è in rapporto con altre associazioni presenti nella zona?

“Sì, con gli anni si è costruita una rete con tutte le istituzioni che lavorano nel Borro, con le quali collaboriamo e ci aiutiamo. Partecipiamo anche alla vita della parrocchia della zona, ‘Nostra Signora di Guadalupe’. Il parroco e un altro sacerdote ci visitano una volta la settimana. Don Ricardo viene e dirige un coro, e nella festa della primavera ha disegnato delle belle immagini sui volti dei bambini e degli insegnanti.”

Ci sono anche membri dei Focolari che arrivano come volontari da altri paesi?

“Sempre arrivano. Quest’anno è stato molto importante il contributo di Elisa Ranzi e Mateo Allione, italiani, i quali hanno lasciato un segno profondo. Ringraziamo sempre chi ci aiuta. La loro collaborazione è molto importante per sostenere parte delle attività che portiamo avanti. Ogni aiuto per piccolo che sia, conta, perciò invitiamo a continuare ad appoggiarci. Tutti sanno che contano con le nostre preghiere e gratitudine”.

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Pubblicato da Gustavo Clariá

Nato a Córdoba, Argentina, nonno piemontese, economista, comunicatore, scrittore. Ho vissuto la metà della mia vita in Europa (Italia in particolare) e l'altra in America Latina. Giramondo, aperto alla conoscenza di altre culture. L'unità, nel rispetto della diversità, della famiglia umana, è il mio orizzonte. Cerco, quindi, di vivere la mia giornata "costruendo rapporti" di concordia e di unità. Il mio contributo alla pace.